Comunicato stampa del 31.01.2023 – direttiva comunitaria sull’efficientamento energetico del patrimonio edilizio

Comunicato stampa

Il 24 gennaio scorso, il Presidente di Federproprietà-ARPE Avv. Giovanni Bardanzellu ed il Responsabile del Settore Finanze e Tesoro Sen. Riccardo Pedrizzi sono stati ricevuti dall’On. Marco Osnato, Presidente della VI^ Commissione Finanze e Tesoro della Camera, per esporre il punto di vista associativo in ordine ai nuovi obiettivi ipotizzati dalla Direttiva Europea sull’efficientamento energetico degli immobili (raggiungimento della classe energetica E al 2030 e di quella D al 2033 per i residenziali).

Federproprietà-ARPE hanno ribadito le forti preoccupazioni più volte pubblicamente espresse circa i gravi rischi che incombono sulla casa e sul risparmio degli italiani ove la Direttiva dovesse passare nei termini indicati.

Lungi dall’essere contrarie a che venga fissato un cronoprogramma che consenta gradualmente di rigenerare il patrimonio edilizio con risparmio energetico, riduzione dei consumi ed azzeramento delle emissioni nel rispetto dell’obiettivo fissato di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica, Federproprietà-ARPE hanno ribadito la loro opposizione ad un programma dai ritmi così serrati che sarebbe irrealizzabile nel nostro Paese e che, senza la necessaria messa a disposizione da parte dell’UE di fondi straordinari con cui sovvenzionare gli interventi dei ceti medio-bassi per la quasi totalità dei costi, comporterebbe l’inevitabile svalutazione del nostro patrimonio edilizio e creerebbe speculazioni immobiliari di cui possono beneficiare soltanto fondi e società finanziarie.

Il programma europeo, infatti, non tiene in alcuna considerazione la profonda diversità del patrimonio edilizio italiano rispetto a quello degli altri Paesi europei, soprattutto di quel Centro-Europa che più spinge per imporre in tempi stretti piani di efficientamento energetico. Il nostro patrimonio è costituito da immobili realizzati in epoche anche molto risalenti nel tempo ed in contesti unici dal punto di vista territoriale, storico, artistico, culturale (si pensi ai centri storici delle città ed ai tantissimi borghi di inestimabile bellezza), che proprio i cittadini europei (e di tutto il mondo) dimostrano di apprezzare enormemente, tanto da acquistarne rilevanti porzioni e, comunque, trascorrervi vacanze. Orbene, ci dica la UE come si potrebbe efficientare questo patrimonio senza deturparlo.

Questo patrimonio edilizio oltretutto – ed è il secondo punto sul quale abbiamo posto l’accento che lo diversifica da quello degli altri Paesi europei – è tradizionalmente di proprietà diffusa dei privati, delle famiglie (dal Rapporto che abbiamo realizzato con il Censis e presentato proprio alla Camera nel dicembre 2022 emerge che oltre il 70% della nostra proprietà è appunto dei privati), che per questo “sogno” hanno finalizzato da sempre i propri risparmi;  per cui, gli interventi imposti dalla Direttiva Europea coinvolgono personalmente quasi tutti noi cittadini, si calcola circa 10 milioni di famiglie, soltanto per quelli da eseguire fra il 2030 ed il 2033. Con costi di migliaia di euro per ogni appartamento (10/15.000 euro, dai primi calcoli eseguiti per i soli interventi di primo efficientamento da eseguirsi nel periodo suindicato). Al contrario, negli altri Paesi europei gli immobili sono quasi tutti di proprietà di grandi società o gruppi finanziari, che non avrebbero certo alcun problema a sostenere quegli interventi anche nel breve termine imposto, senza alcun peso per i cittadini.

Nell’incontro, Federproprietà-ARPE hanno però rimarcato che, prima ancora di pensare all’efficientamento energetico o, comunque, contemporaneamente a tali interventi, è ormai tempo – ed è un’esigenza primaria – che il nostro patrimonio edilizio sia messo in sicurezza, non essendo in grado di sopportare, per la fragilità del territorio dovuto alle ragioni suesposte, l’azione sismica od altri eventi calamitosi che frequentemente hanno funestato il nostro Paese. Pensare, infatti, a realizzare il cappotto termico di un edificio senza preoccuparsi di verificare la salute strutturale dell’edificio medesimo appare illogico ed incoerente.

Hanno anche ricordato che già nel 2012 e 2013, nel corso della XVI^ e della XVII^ Legislatura, erano stati presentati due disegni di legge su iniziativa di alcuni Senatori di diverse forze politiche in seguito ad un protocollo d’intesa che la Federproprietà-ARPE avevano siglato con ENEA, l’Ordine degli Ingegneri, UCIT, UNEDI e URIA, con il quale era stato avviato un programma ventennale per la sicurezza e l’efficienza energetica del patrimonio immobiliare, che prevedeva anche la proposta di istituire un’assicurazione obbligatoria sui fabbricati ed un fondo per la messa in sicurezza e l’efficientamento energetico alimentato anche con una quota parte del premio di assicurazione.

Questo programma, sul quale anche l’ANIA aveva espresso parere favorevole, tanto da farne oggetto di un apposito capitolo nelle sue relazioni annuali, aveva un triplice obiettivo: a) di sollevare lo Stato dagli enormi costi fino a quel momento sostenuti per le spese di ricostruzione a seguito di eventi calamitosi; b) di stimolare proprietari e Compagnie di assicurazione a verificare l’effettiva affidabilità delle costruzioni, per differenziare i costi di assicurazione fra i vari immobili in funzioni delle loro peculiari caratteristiche di sicurezza ed efficientamento energetico e, quindi, dell’effettivo rischio; c) di incrementare il valore degli immobili a seguito degli interventi realizzati.

Oggi, nel nostro Paese, la soluzione allora concordata non può non trovare spazio per consentire quegli interventi strutturali per la sicurezza degli edifici che devono costituire presupposto necessario per quelli di efficientamento energetico suggeriti dalla direttiva europea.